mercoledì 25 febbraio 2015

Non ci sono più le mezze stagioni

Uno dei più classici luoghi comuni. Sentito ripetere migliaia di volte, anche se per la verità sensibilmente meno da un decennio a questa parte.
Seppur luogo comune, però, probabilmente non del tutto falso. Perché in effetti molto spesso primavera ed autunno finivano per durare un mesetto neanche, per far poi subito spazio alla stagione successiva, più stabile e duratura. Così estate ed inverno si poteva dire, senza cadere nemmeno poi tanto nella faciloneria, che si fossero dilatate a vantaggio delle due mezze stagioni. Questo almeno fino a... si, appunto, un decennio fa. Su per giù.
Perché in effetti, se ad oggi volessimo utilizzare un luogo comune più appropriato, vedremmo la sitazione completamente ribaltata e verrebbe a questo punto quasi da dire che ci sono solo le mezze stagioni, fatta eccezione per il 2012.
Nel 2012 abbiamo avuto infatti un inverno freddissimo (nevone, temperatura a -10/-12 sulla riviera romagnola e la nascita di una parola fino ad allora completamente sconosciuta il blizzard: vento molto freddo e molto forte che spirava da est e che batteva continuamente le città costiere) e un'estate caldissima, con temperature sahariane in Luglio che arrivarono a segnare "robe" come i 38°C alle otto di sera.
Poi inverno ed estate del 2013, del 2014 e, per adesso, inverno del 2015, tiepidi e miti. Quasi, per l'appunto, prolungamenti del'autunno appena trascorso che sfociavano direttamente nella primavera e, con il proseguire dell'anno, della primavera quasi direttamente nell'autunno.
L'estate dell'anno scorso, poi, è stata davvero esemplare come inconsuetudine ed impalpabilità. Credo che il termometro abbia raggiunto i 30°C solo in un paio di occasioni, rimanendone invece per la maggior parte della stagione ben al di sotto. Il tutto è poi anche stato accompagnato da piogge talmente abbondanti da far dire per la prima volta, da che io sono al mondo, che in estate c'è stata un'emergenza piovosità, anziché siccità.
Prova ne è stato il danno provocato alle colture, in particolar modo l'ulivo (con un proliferare della mosca olearia mai registrato nella storia che ha dimezzato il raccolto in tutta la penisola) e della vite, e a settori strettamente legati col clima e con l'agroalimentare come l'apicoltura e la conseguente produzione di miele, e persino la produzione di sale nelle Saline di Cervia (il SalFiore "Sale dei Papi" non è più disponibile dal 2013-2014).
Si sperava in un riacutizzarsi delle stagioni centrali con l'inverno di quest'anno e invece le previsioni sono state ampiamente deluse. Doveva essere generale inverno e invece è stato forse nemmeno caporale.
Temperature sempre sopra lo 0°C e nemmeno un filo di neve. So che in altre città ha nevicato, ma vorrei precisare che non è poi così consueto sulla costa romagnola vedere inverni senza neve e con temperature così miti. Considerate che quando una perturbazione viene dalla Siberia (come avvenne nel 2012 in maniera addirittura esagerata) noi siamo in prima linea, siamo il primo fronte perturbato. Si, non è il Sestriere, ma i classici -2/-3 di media per le minime di dicembre-gennaio da noi erano la normalità. Da tre anni invece non si scende più sotto i +5/+7 (sempre di media).
Ora, non so, probabilmente anche questa sarà solo una parentesi e presto cambierà nuovamente, ma dubito si tornerà alla normalità. Credo che queste alterazioni continueranno e temo peggioreranno, mutando lentamente (ma neanche tanto) il clima da temperato a sub tropicale. I presupposti, del resto, incarnati da medie annuali sensibilmente più alte, ma da picchi più livellati, direi che ci sono tutti.
La vedo nera, insomma, ma... va', toh, per scaramanzia quest'anno monto i condizionatori in casa. Ma solo per scaramanzia, eh.

giovedì 19 febbraio 2015

Breaking News - Siena-Biotech frenata ad un passo dalla realizzazione di un farmaco contro la Còrea di Huntington

E' notizia di oggi.
La Siena-Biotech azienda che si occupa di ricerca sulle malattie neurodegenerative (come per esempio le demenze) e le malattie rare, chiude per il termine del supporto finanziario da parte del Monte dei Paschi di Siena, organo finanziario di cui Siena-Biotech era società strumentale.
Siena-Biotech nasce nel 2000, ma nel 2012 con il tracollo di MPS entra in crisi finanziaria e da quella data ad oggi, tra i ricercatori che se ne vanno di propria spontanea volontà e quelli che vengono licenziati, il numero di studiosi passa da 150 a 70. Viene inoltre dismesso il settore oncologico.

Tra i più importanti studi portati avanti dall'istituto di ricerca senese, c'era quello volto alla creazione di un farmaco che potesse finalmente contrastare la Còrea di Huntington (o Morbo di Huntington). Il farmaco era arrivato a quel punto della sperimentazione in cui necessitava del "solo" avvallo statistico, per poter essere finalmente divulgato. In pratica era già stato testato su volontari malati di Còrea (per verificare che avesse un effetto sulla malattia) e su volontari sani (per verificare che fosse tollerabile e sicuro). I risultati positivi ora andavano standardizzati su un ampio campione di pazienti con il corrispettivo gruppo di controllo, per verificare che anche i numeri dessero ragione dell'efficiacia del farmaco e che, quindi, si potesse affermare con sicurezza che i pazienti trattati dal farmaco riscontrassero miglioramenti statisticamente rilevanti rispetto al gruppo di controllo non trattato dal farmaco. Ma proprio prima di poter effettuare questo passaggio, MPS ha deciso di chiudere l'istituto per mancanza di fondi.

Ora senza entrare nello specifico della decisione di MPS che richiederebbe un'analisi di dati finanziari che io non possiedo e di cui poco mi intendo, la questione più grande a questo punto è: se MPS lascia l'istituto, lo stato non farebbe bene a sobbarcarsi la spesa per evitare di farlo chiudere e permettere ai ricercatori di portare avanti il loro lavoro? Nonostante il periodo di crisi?

Perché dobbiamo capire che non si può vivere e speculare solo sul presente. Un istituto di ricerca che è ormai prossimo ad farmaco di questa portata non può essere lasciato naufragare. Si tratta di un'eccellenza, che produce benessere per tutta la nazione. E' in gioco non solo il destino di tutti i pazienti affetti da questa terribile malattia, ma di un settore che ormai la storia ha dimostrato essere cruciale anche per l'economia di intere nazioni: la ricerca. Tutti i paesi più sviluppati del mondo, sono quelli che investono più punti percentuali del PIL sulla ricerca. Tutti i paesi in via di sviluppo caratterizzati da un crescita tanto veloce da spaventare le economie occidentali, investono percentuali del loro PIL ancora maggiori. E' una correlazione diretta! Si potrebbe dire quasi un raporto di causa-effetto. Ma noi non la capiamo sta musica e continuiamo ad affossare la nostra intelligentia.

Ma oltretutto è anche un discorso etico. Si può affossare così, con noncuranza, superficialità e miopia, uno dei passi più importanti della medicina moderna? Immaginate tutti i pazienti affetti da questo mostro e tutti i loro familiari, che ormai davano per assodato l'arrivo di una cura per il male che succhiava loro la vita, nell'arco di qualche anno e che ora vedono naufragare tutte le loro speranze.

Ma per capire bene, che cos'è la Còrea di Huntington?
E' una sindrome neurodegenerativa (per questo assimilabile al mare magnum delle demenze), di stampo genetico-ereditario che colpisce una determinata sezione del genoma umano che produce una proteina chiamata proteina huntingtina (HTT). Quando il gene che è deputato alla sua sintetizzazione è affetto dalla mutazione che poi da luogo alla malattia, viene sintetizzata una proteina huntingtina mutata (mHTT).
Tale proteina mutata andrà quindi ad interferire con il metabolismo delle cellule che normalmente ne sono usufruititrici, in particolare i neuroni che controllano la muscolatura striata (ma non solo). Per questo, anche se si accompagnano a disturbi cognitivi e psichiatrici, i sintomi più evidenti sono quelli che coinvolgono il movimento, dando luogo a contrazioni spasmodiche ed incontrollabili che possono coinvolgere tutti i segmenti del corpo (dagli arti al collo, al busto alla testa) che vengono definiti movimenti còreici (da qui il nome della malattia). Ma attenzione, non si parla di tremori o sporadiche contrazioni (già di per sé comunque drammatiche) come per il Parkinson. La Còrea infligge al paziente uno stato di continuo spasmo muscolare, violento, incontrollabile, che gli impedisce o gli rende estremamente difficile camminare, conversare, mangiare, bere... dormire. Tanto da essere definita malattia del suicidio (definita così anche dai miei professori ai tempi dell'università), perché la vita stessa per molti pazienti diventa isostenibile.

Non esiste cura, non esiste inibitore efficace per le còree. O almeno, non esistevano fino al lavoro del Siena-Biotech. Che però non è ultimato, è ad un passo dall'attuazione, dalla definizione. Non si può lasciare morire una speranza di questa portata.

lunedì 16 febbraio 2015

Brutta giornata?

Allora forse questo video potrebbe tirarti un po' su.
E' qualcosa, no?

Quell'attimo in cui un non udente ascolta per la prima volta
(scusate ma dovrete collegarvi al link, non essendo il video su youtube non compare l'anteprima qua)

venerdì 6 febbraio 2015

Tsipras, la Grecia, l'Europa e... l'Italia.

Sono circa due settimane che Tsipras ha vinto le elezioni in Grecia.
Il programma di Syriza potrebbe sembrare euroscettico, invece io la penso totalmente al contrario.
Syriza ha buttato finalmente sul banco, in maniera istituzionale, passando attraverso un voto valido e che va riconosciuto come tale (mica è un colpo di stato), che la Grecia non intende più sottomettersi ad una politica che, in questi anni in cui la Troika ha praticamente governato il paese, ha gettato il suo popolo nella disperazione e nella miseria.
Ma, e qui sta il nodo, non è solo un discorso etico, non è solo una volontà di ribellione a politiche stringenti che creano disagio sociale. E' questione di semplice logica. Non matematica, logica.
La matematica è stato l'ingrediente fondante delle politiche che l'UE ha imposto agli ellenici da quando la crisi ha colpito il paese. La matematica dice, io ti do dei soldi che usi per fare delle robe, e tu tagli le tue spese per restituirmeli. Come, dove e perché non mi interessa, basta che tagli. Questo ha portato i vari governi che si sono succeduti a dover rientrare di una certa somma ad ogni scadenza prevista, e per non sgarrare, anziché introdurre riforme strutturali che avrebbero bonificato l'intero asset in tempi ragionevolmente più lunghi (anche se altrettanto ragionevolmente lo avrebbero fatto in maniera duratura), per soddisfare la matematica dei creditori sono stati fatti tagli scriteriati, laddove si sapeva che si sarebbero potuti pescare soldi in fretta e in quantità: sanità, pubblica amministrazione, pensioni... insomma, lo stato sociale. La matematica ha quindi smontato la società greca pezzo per pezzo, riducendo la popolazione alla miseria e intruducendo un paradosso che la matematica pura non può calcolare: se io ad una nazione tolgo tutto il benessere, la sua economia non può che implodere.
La matematica può calcolare i conti, le cifre, fa freddi calcoli, magari anche molto complessi. Ma la matematica non sempre c'azzecca con l'economia. L'economia è una disciplina più sottile, che deve tenere conto di fattori che esulano le semplici operazioni di più, meno, per, diviso. L'economia non può guardare solo al far quadrare un conto nel presente. L'economia è una disciplina che tra i suoi principi fondanti ha proprio quello di dover sempre tenere lo sguardo al futuro. Io faccio una cosa perché poi ne accadrà un'altra. Io spendo e aspetto per guadagnare di più in futuro, anziché spendere ed incassare subito per guadagnarci niente. La matematica tende all'equilibrio (i più e i meno devono equipararsi), l'economia tende al disequilibrio, dove se non ho la possibilità di avere un segno più, non sto nemmeno a farla una cosa, non mi accontendo di uno 0, non mi accontento di non perdere nulla. Ma, sia chiaro, non è che l'economia non c'entri nulla con la matematica. L'economia è fatta anche di matematica. Ma non solo. L'economia è fatta in egual misura di matematica e di logica.
Ecco, nelle politiche di austerity imposte dalla Troika alla Grecia (e non solo) l'aspetto che manca è proprio quello della logica. Se io ad una macchina tolgo benzina, come posso pensare che questa farà più strada di prima?
Troppo bersaniana come metafora? Beh, fateci l'abitudine, perché secondo me Bersani è uno dei pochi politici che meritano un minimo di stima in Italia. Quindi, anzi, rilancio.
Se ad un certo punto mi accorgo che la mia auto, nell'arco di un mese, per esempio, mi fa spendere troppo in benzina, perché ha iniziato a consumare di più, probabilmente sarà per qualche guasto avvenuto ad una qualche parte del motore. A questo punto potrò agire in due modi, per ritornare a spendere in benzina quello che pendevo prima.
Il primo, matematico, è quello di mettere la stessa quantità di benzina di prima, in modo da non spendere di più e portare il mio saldo tra prima e dopo il guasto di nuovo a zero. Così, si, avrò fatto in modo di ritornare a spendere la cifra di prima e quindi a non dover superare il budget stabilito in una mensilità per il carburante. Ma così il guasto al motore rimarrà e quindi mi troverò nel paradosso in cui la macchina che continuerà a consumare più benzina di quella che il mio budget mi consente di metterci, probabilmente finirà per constringermi a rinunciare ad essa per qualche giorno ogni mese, poiché mi troverò con il serbatoio vuoto. Ma questo avrà probabilmente delle conseguenze. D'altronde se prendevo l'auto tutti i giorni sarà stato perché mi serviva, magari per andare a lavorare, quindi potrebbe essere che sarò costretto a saltare ogni mese qualche giorno di lavoro, con conseguente alleggerimento della busta paga (se non addirittura perdendo il posto). Quindi alla fine il mio budget benzina non sarà in saldo negativo, ma la mia economia generale ne avrà risentito e ne risentirà a tempo indefinito. Mi è convenuto, quindi, fermarmi al semplice calcolo matematico e ristretto a quella sola area, infischiadomene nelle conseguenze? La risposta è facile: no.
Il secondo approccio, logico, è quello di riparare il guasto al motore. In questo modo, magari, spendo un po' di più all'inizio, ma la mia economia non ne verrà intaccata perché le entrate rimarranno quelle di prima e avrò anzi abbattuto una volta per tutte l'eccessiva spesa mensile per il carburante in più, che era dovuta al guasto. Avrò quindi il tempo, economizzando su qualche altro aspetto, magari più futile, delle mie spese mensili, di rientrare della spesa fatta per la riparazione, con calma e senza compromettere nulla di fondamentale della mia economia generale. Così, non compromettendo le mie possibilità di rimanere attivo e mobile, potrò sempre continuare a tenere un occhio al futuro e magari migliorare addittura la mia condizione, diventando magari alla fine anche più ricco.
Ora traduco. In Grecia a mio avviso è stato applicato il primo principio. La Troika ha detto: "Nel vostro sistema c'è una falla, spendete più di quel che guadagnate. Quindi, fermiamo la spesa fino ad arrivare a saldo zero." Peccato che questo abbia portato allo stop anche delle entrate, perché l'economia, e quindi i consumi, sono implosi. Si è alleggerita la busta paga, per tornare all'esempio di prima, anche perché per un certo periodo i titoli di stato greci sono stati estromessi dal mercato. Quindi si, è vero che a quel punto si spendeva poco, ma si guadagnava altrettanto poco, quindi come avrebbe mai fatto la Grecia a far crescere la sua economia? Beh, la risposta è banale e... logica: non si poteva, non poteva farlo. Era in una situazione di stallo. La Troika aveva messo la Grecia in stallo. Come è possibile che un'economia riparta se la gente non ha più soldi da spendere? Perché poi la reazione è a catena: la gente non spende, le aziende non vendono, quindi vanno in crisi, magari chiudono e licenziano. Si creano così altre fasce di popolazione che esccono dal mercato dei consumi, la qual cosa quindi metterà in crisi altre aziende e così via... portando quindi a meno entrate in tasse per lo stato e mandando quindi alla fine tutto il sistema in tilt.
A poco e nulla è servito, a quel punto, consentire di nuovo alla Grecia di poter proporre sul mercato i suoi titoli di credito. Dal momento che l'economia era implosa, i Bond greci sono serviti solo per creare nuovo debito, perché il PIL era collassato. Debito che ormai è diventato insanabile. Come il nostro.
Ma a differenza dell'Italia la Grecia ha anche alla gola la lama del fondo di prestito aggiuntivo che la Troika ha concesso/imposto e che richiede ulteriori scadenze stringenti. Insomma, la Grecia è in una spirale davvero impossibile da superare e il resto dell'UE vuole solo batter cassa, affossandola sempre di più. L'atteggiamento è miope e stupisce che i grandi economisti che affollano i palazzi non se ne rendano conto.
Oltretutto i soldi che la Troika ha versato ad Atene secondo il programma di "aiuti" sono serviti quasi totalmente a ripagare i debiti con le grandi banche tedesce e francesi che detenevano la maggior parte del debito greco. In pratica, sembrerebbe che i paesi più forti dell'UE hanno salvato le proprie banche facendo passare i soldi prima da Atene, non potendoli dare direttamente agli istituti di credito (cosa non permessa, vedi Monte dei Paschi di Siena).
Quindi, al netto delle colpe greche in questa situazione, che ci sono, sia chiaro, l'atteggiamento della Troika è stato non solo crudele, ma addirittura ottuso e miope, perché ha affossato, probabilmente per sempre ed in maniera irrecuperabile, l'economia di uno stato membro.
Ma a questo punto, allora, a me viene da chiedermi: ma qual è la vera intenzione della Troika? Salvare o no la Grecia? Possibile che tutti gli economisti non si rendano conto che continuando ad applicare l'austerity per soddisfare i creditori Atene non si rialzerà mai e la stessa Unione Europea si troverà con un paese perennemente a rischio default entro i propri confini? E che tale politica in 6 anni non ha fatto altro che indebolire sempre di più i paesi in difficoltà fino a contagiare anche quelli sani (vedi Francia), facilitando proprio quel contagio che in teoria proprio l'austerity doveva scongiurare?
I fatti sono sotto gli occhi di tutti. Inoltre è innegabile che la proverbiale severità dell'UE si è facilmente trasformata in lieve rimprovero quando rivolto alla Germania e ai suoi sforamenti. Perché ci sono, bisogna ricordarselo. La Germania è un paese assai poco virtuoso in tema di rispetto dei canoni dettati dall'UE. Da diversi anni ha un surplus di esportazioni rispetto al consentito che richiederebbe una sanzione, così come lo sforamento del patto di stabilità e di ogni altra convenzione tra gli stati membri dell'UE. Ma se Italia, Spagna ed anche Francia (per non dire di Grecia e Portogallo) sono continuamente sotto la minaccia di una sanzione che sarà sicuramente applicata qualora venga sforato il famoso tetto del 3% tra debito e PIL, per la Germania e il suo surplus di esportazioni il discorso non vale. La Germania continua a fare quel che vuole per il bene della proprio economia interna, infischiandosene dei trattati e delle timide tiratine d'orecchi da parte di Bruxelles. Come mai? Cioé, non come mai se ne infischi. Come mai gli sia permesso di infischiarsene e non venga sanzionata? Perché è questo il grave. E poi, perché diavolo la Germania dovrebbe avere una tale voce in capitolo sulle situazioni degli altri paesi? Perché la Merkel dovrebbe essere un interlocutore che Tsipras (ed anche Renzi o Hollande) dovrebbe considerare al pari dell'UE? Mica la Germania è il paese capo dell'Unione Eurpoea. ... o no?
La Germania è un paese membro come qualsiasi altro. Può esprimere la sua opinione, ma non la si dovrebbe guardare come fosse un paese più importante dell'Italia, la Francia, la Spagna o la stessa Grecia. Mentre ad oggi è innegabile che quando la Merkel o Schaeuble parlano gli altri quasi si devono difendere o giustificare. La Merkel è un capo di governo come qualsiasi altro. Schaeuble è un ministro delle finanze come qualsiasi altro. ... o no?
Poi, secondo me è necessario anche parlare del ruolo della BCE. La Banca Centrale Europea da indicazioni sulla politica interna che i vari paesi devono tenere. Impone neanche tanto velatamente austerity e tagli. Alla fine determina le sorti e le scelte dei paesi membri dell'UE che, ricordiamolo, sarebbero ancora Paesi Sovrani. La BCE si comporta come un organismo fattualmente politico, mentre in realtà la BCE dovrebbe essere uno strumento in mano alla politica. Lo ha detto bene Ezio Mauro, il direttore di Repubblica, nell'editoriale on line di ieri. Il fatto è che la BCE assume i connotati di un organismo politico proprio perché manca a tutt'oggi la vera politica a cui la BCE dovrebbe fare da strumento. Si è sostituita, ha coperto un buco, una mancanza che era di competenza della politica ma che la politica ha deciso di non ricoprire. L'Unione Europea è un'unione nei fatti solo monetaria, ma non è certamente un'unione politica, né tantomeno economica. Se fosse un'unione economica e politica, infatti, non avrebbe mai strozzato uno stato membro della proria unione come è stato fatto con la Grecia. Ancorché la Grecia, non scordiamocelo, abbia le sue colpe nelle vicenda. Ma vi immaginate gli USA che, per ipotesi, trattassero uno dei proprio stati come l'UE ha fatto con la Grecia? Fa ridere solo a dirlo, no? Ma gli USA sono per l'appunto un'unione politica ed economica, l'UE no.
Molti, in casa nostra, ce l'hanno con Prodi che fu sicuramente tra i principali fautori del nostro ingresso nell'Euro. Euro che certamente si è poi rivelato un'arma a doppio taglio per un'economia fragile come la nostra (e la stessa cosa è successa con la Grecia, la Spagna, il Portogallo, l'Irlanda e infine con la Francia). Ma ricordiamoci anche che Prodi è sempre stato un sostenitore dell'unione politica ed economica, oltre che monetaria, dell'UE. Certo, a conti fatti, forse la mossa di entrare nell'Euro ad oggi ha avuto risvolti più negativi che positivi (ma ricordiamo che anche questa è un'ipotesi, perché la controprova non ce l'abbiamo e non tiriamo fuori l'Inghilterra come ne fosse la dimostrazione, perché non si può davvero paragonare la Sterlina, che è la moneta più forte del mondo -tutt'ora- con la Lira che è sempre stata una delle più deboli e svalutate), tuttavia è molto sciocco e anche qui miope, oltre che facile e questo è tipico dell'italiano medio, puntare il dito contro il più esposto, ovvero Prodi e sostenere ciecamente che fossimo ancora alla Lira staremmo meglio di adesso. Questo è uno dei ragionamenti più irritanti e pressapochisti che sento dire in continuaizone. Puoi supporlo, puoi immaginarlo, ma non puoi proprio esserne sicuro come fosse una cosa evidente. Perché stai tralasciando una serie di elementi spaventosamente importanti. Cosa sarebbe successo ad un paese come il nostro, con una moneta già molto svalutata, e che, ricordiamocelo, ha sempre importato e tutt'ora importa più di quello che esporta, trovarsi ai margini di un colosso come l'UE con una moneta propria, sproporzionatamente più valutata della Lira e con la quale non poter commerciare con un cambio alla pari? No ma, consideriamola questa cosa. Cosa vorrebbe dire convertire le Lire in Dollari per comprare petrolio, piuttosto che Euro in Dollari come facciamo ora. L'idea dell'Euro in questo senso era certamente molto buona, ma perché il giochetto funzionasse, tutta l'Europa avrebbe dovuto cominciare a ragionare come un organismo unico, non solo dettando uniche regole e prerenderne il rispetto, ma proprio come un unico paese, un unico direttivo che avrebbe dovuto rapportarsi verso i suoi paesi componenti come un governo centrale di uno stato membro farebbe con le amministrazioni regionali dei proprio distretti.
Dettare regole ma aiutare anche lo sviluppo. Non dettare regole, punire e lasciare i paesi a cavarsela da soli contro le sanzioni. Non può funzionare così. E lo stesso Prodi lo ha ribadito moltissime volte, anche quando fu presidente dell'UE. Ma allora perché non è stato fatto?
Eh, perché in realtà il meccanismo per ora funziona che chi sta bene non vuole certo mettere in comune il proprio benessere (Germania e paesi del Nord Europa), mentre chi sta male bussa alla porta di chi sta bene e gli viene risposto picche. Poi, certo, se chi sta male ha delle colpe per la situazione in cui si trova, queste non vanno scordate, ma non va nemmeno scordato che se veramente vuoi creare un organismo unico allora devi permettere a tutte le aree che compongono quell'organismo di avere una prospettiva almeno futura di benessere. Se un dito ti fa male e anziché curarlo decidi ti staccartelo via, questo avrà ripercussioni sul benessere dell'intero corpo. Poi magari il corpo sopravvive lo stesso, ma non potrà mai riavere lo stesso livello di efficienza di quando aveva tutte le sue parti integre, sane e funzionanti.
Quindi, in summa, cosa intendo dire?
Che Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, ecc... hanno le loro colpe. Innegabile. Sacrosanto.
Vanno sanzionate, bisogna rimmetterle in riga. Perché è vero che questo è per prima cosa interesse loro. Se anche attraverso qualche brusca tirata di orecchie un paese si rimette in carreggiata, il primo ad avvantaggiarsene sarà il paese stesso e il suo popolo tutto. Ma se un paese si ritrova zoppicante, anche per colpe sue, e tu anziché aiutarlo a guarire dandogli una medicina, ancorché magari amara, lo corchi di mazzate fino a stenderlo, non puoi pensare che ne abbia a che giovarsene. Non puoi pensare che guarisca e torni magicamente a smettere di zoppicare grazie alle legnate, no? E' questione di logica.
Per questo dico che la posizione di Syriza è tutt'altro che euroscettica. Syriza dice una cosa sacrosanta: se volete che la Grecia si rimetta a posto e cominci a produrre ricchezze, per il benessere anche del resto d'Europa, dovete allentare il cappio o perirà di stenti e alla fine anche la vostra ricchezza aggiuntiva, il benessere in più che la Grecia può portare all'Europa, andrà a farsi benedire.
Questa è economia, dal mio punto di vista. Posticipare un piccolo incasso ora, per poterne avere uno più grande in futuro.