mercoledì 26 novembre 2014

Un'infarinata di funzioni cognitive -parte 2-

L'altra volta ho spiegato a grandi linee cosa sono le funzioni cognitive, quali branche della psicologia le studiano e tramite quali metodi.
Avevo terminato il post accennando a due concetti essenziali quando si parla di neuroscienze: il vicariamento e la plasticità cerebrale.
Parto però dall'ultima, perché, diciamo, è propedeutica all'altra.
Per plasticità cerebrale s'intende la capacità della strutture cerebrali di riorganizzarsi a seguito di un evento che ha mutato e perturbato il normale funzionamento del sistema.
Quando il nostro cervello si sviluppa, nell'infanzia, le varie strutture cerebrali si organizzano e si specializzano secondo un codice prefissato scritto nei nostri geni. Se nulla perturba questo processo, il cervello nell'adulto si formerà secondo la classica distribuzione in aree e circuiti.
La specializzazione delle varie aree cerebrali tuttavia, non viene determinata solo dal codice genetico, ma anche dalla necessaria stimolazione da parte dell'ambiente esterno. Quindi, per esempio, le aree della corteccia visiva primaria si sviluppano correttamente se non vi sono anomalie genetiche ma anche se l'individuo può accedere alla normale stimolazione visiva da parte dell'ambiente circostante. Lo stesso vale per le aree uditive, per quelle somatosensoriali, le olfattive... quelle dedicate al linguaggio... tutte, in pratica. Ma cosa succede se durante questo sviluppo capita un evento che ne impedisce la normale evoluzione?
In letteratura si possono trovare numerosi esempi di esperimenti fatti in anni passati sugli animali abbastanza cruenti, che proprio per via della loro durezza e della mutata sensibilità comune circa l'impiego di animali per esperimenti di laboratorio tralascerò. Diciamo, rimanendo sul generico, che non avendo possibilità all'epoca di intervenire sul patrimonio genetico con la selettività di oggi, ci si è basati su prove di deprivazione sensoriale. Si è visto che se io impedisco ad un determinata area di usufruire di una corretta stimolazione durante il suo sviluppo, la sua specializzazione e il suo funzionamento ne risulteranno alla fine alterati.
Un esempio più politically correct lo si può fare proprio con il linguaggio e senza scomodare studi dai complicati assunti metodologici. Basta citare i casi dei "figli della foresta" o, per bussare alle porte della letteratura, il Mowgli de Il Libro della Giungla di Rudyard Kipling. Sono esempi di deprivazione sensoriale in ambito etologico. Non c'è nessun intervento da parte di nessuno sperimentatore, semplicemente si osserva che nei casi in cui gli individui siano privati della normale stimolazione linguistica, questi non saranno in grado di sviluppare sufficientemente le strutture dedicate a questa funzione e non è solo una questione di lingua che si parla. Se determinate strutture fonetiche non si acquisiscono entro una certa età, il cervello non sarà più in grado di svilupparle con la stessa efficienza. Questo perché la plasticità cerebrale ha dei limiti e, soprattutto, tali limiti si fanno più stringenti all'aumentare dell'età dell'indivuduo.
Non è solo una questione che da giovani si reagisce meglio, anzi, non è per niente questo genere di questione. E' invece perché più il cervello è indifferenziato, non specializzato e non del tutto sviluppato, più è plastico. Quando si nasce di strutture cerebrali già specializzate ce ne sono poche, pochissime anzi. Quindi ogni area è ancora tutta da determinare, rifinire, da plasmare: c'è spazio per tantissimi cambiamenti e variabili possibili.
In età adulta invece, quando le aree sono ormai stabilmente dedicate a sottendere una determinata funzione, sarà più difficile se non impossibile che un'area abbandoni la sua funzione primaria per sottenderne un'altra.
Ed entrambe le situazioni hanno vantaggi e svantaggi.

Un cervello giovanissimo e quindi molto plastico sarà in grado di riorganizzarsi a volte in maniera da non lasciare traccia dell'accaduto, anche in seguito ad un evento estremamente traumatico. Sono riportati in letteratura tristi casi di neonati a cui, per l'insorgere di una neoplasia o per un difetto genetico, è stato asportato un intero emisfero cerebrale o sono addirittura nati senza. Tuttavia, lo sviluppo intellettivo e cognitivo col passare degli anni è avvenuto in modo soprendentemente normale. D'altro canto un cervello molto plastico sarà anche un cervello più facilmente perturbabile. Se per esempio ne viene alterato il metabolismo cellulare da sostanze tossiche o nei casi di forte deprivazione sensoriale. In questi casi lo sviluppo non potrà seguire il normale iter e ne risulterà un'organizzazione diversa da quella considerata "normale".

Un cervello adulto, formato e specializzato, al contrario, sarà da un parte meno sensibile alla deprivazione sensoriale ma sarà anche meno (moooolto meno) in grado di riorganizzarsi a seguito di un danno cerebrale, proprio per via della sua definitiva "compartimentazione". Seppure una certa parte di plasticità viene conservata anche in età adulta.

E qui si può incominciare ad introdurre il secondo concetto, il vicariamento.
Per vicariamento s'intende la capacità di una determinata area sana di supplire in toto o in parte alla funzione sottesa in origine da un'altra area cerebrale che è stata improvvisamente lesa. L'esempio più classico è quello di un evento vascolare in seguito al quale una determinata area è stata disattivata. Se le funzionalità di quell'area non possono più essere ripristinate, le aree circostanti possono riorganizzarsi per tentare di ristabilire almeno in parte la funzione persa, e questo può avvenire in maniera spontanea entro una certa misura ma più efficacemente in seguito ad un trattamento riabilitativo che mira a stimolare continuamente questa riorganizzazione.
E' a questo punto evidente che la conoscenza dei circuiti neuronali è fondamentale a questo scopo, perché se so quali aree sono interconnesse tra loro per sottendere ad una certa funzione, potrò verificare quali parti di questo circuito sono preservate e quindi concentrarmi, durante la riabilitazione, sulla stimolazione di quelle. E qui bisogna evidenziare un'altra differenza fondamentale tra un cervello estremamente giovane e quello di un adulto.
In un cervello infantile, non già specializzato e segregato nelle sue compartimentazioni funzionali, a seguito di un danno, una determinata funzione potrà essere vicariata anche da aree "territorialmente" molto distanti da quella in origine designata geneticamente. Dicevamo sopra di bimbi privati di un emisfero emisfero cerebrale. Sono noti casi in cui l'emisfero perso era il sinistro e i soggetti sono diventati destrimani, in cui quindi i centri del linguaggio si sarebbero con altissima probabilità specializzati nell'emisfero venuto a mancare (non scendo in ulteriori particolari, basti sapere che è così che avviene nel quasi 100% dei destrimani), che tuttavia sono riusciti a sviluppare una funzione linguistica del tutto normale. Questo perché quando la plasticità è alta anche le possibilità di vicariamento lo sono e, nel caso sopracitato, le strutture si sono riorganizzate "spostando" lo sviluppo delle aree linguistiche nell'unico emisfero disponibile.
Al contrario, in un soggetto adulto, solo aree territorialmente vicine e già interconesse potranno vicariare la funzione persa e comunque, quasi sempre, solo in parte. Però, se il danno non è troppo esteso, la parte recuperata potrà comunque ridare al soggetto una soddisfaceente padronanza e restituirgli la sua autonomia.
Quindi, il vicariamento, se le aree interconnesse con quella danneggiata rimangono sane, è sempre possibile? No, purtroppo. Determinate funzioni, particolarmente complesse, se vengono perse non possono essere riabilitate nel senso più stretto del termine, che intende come restituirle al paziente. In questo casi si può solo insegnare al paziente come compensare la funzione persa mettendo in atto strategie di aggiramento del deficit.
L'esempio più classico che si fa in Neuropsicologia è la perdita della memoria a lungo termine. Questa funzione, se persa, non può essere riabilitata. Quel che si può fare è addestrare il paziente ad utilizzare supporti fisici (calendari, agende elettroniche, dispenser a tempo per le medicine da prendere, ecc...) che, in qualche modo ed azzardando un po', "ricordino" per lui.
Oh, sia chiaro, il termine addestrare è utilizzato comunemente in riabilitazione e non ha nessun significato dispregiativo. Fa riferimento alle tecniche di insegnamento che cercano di fare apprendere al soggetto determinate procedure in modo da attuarle poi nella maniera più automatica possibile quando si troverà reinserito nella quotidianità. Questo perché una procedura appresa ed automatizzata sarà molto più semplice da mettere in pratica di una che tutte le volte va pensata e pianificata.
Bene, direi di terminare qui la seconda parte riguardante questa specie di introduzione alle Neuroscienze. Nell'ultima, che tratterò nel prossimo post, direi di parlare nella maniera più semplice possibile dello sviluppo cerebrale e di come e dove determinate funzioni si situano in determinati distretti cerebrali.

lunedì 24 novembre 2014

Videogames - Battlefield 3


Io, beh, considero questo il più divertente FPS non arena uscito in commercio negli ultimi anni. Tra parentesi anche uno dei più difficili, oltre che completi.
Il comparto on line-multiplayer è quello principale, mentre la campagna in single player è francamente trascurabile. Come buona parte dei giochi dello stesso tipo infatti, nasce soprattutto per sfidarsi con altri giocatori.
L'idea di Battlefield viene sviluppata dalla Dice e pubblicata da Electronics Arts nel mare magnum degli fps con quattro capitoli principali (proprio l'anno scorso è uscito l'ultimo: Battlefield 4; in questo post ho preferito parlare del capitolo precedente perché è forse meglio riuscito), più qualche spin off, come i Battlefield Bad Company 1 e 2, e l'ultimo Battlefield Hardline. Direi che l'idea iniziale dei programmatori era quella di a creare una saga che fosse piuttosto aderente ad un "simulatore" realistico e dalla forte connotazione strategica di un campo di battaglia, in sostanziale differenza con il sempre vendutissimo Call of Duty che è sempre stato invece più orientato, a mio avviso, a scimmiottare gli fps arena. In pratica in Battlefield, nella modalità più classica Conquista si confrontano due schieramenti che si contendono punti di controllo fissi (bandiere) all'interno di un campo di battaglia molto grande (a volte pure troppo se ci sono pochi giocatori collegati),  impersonando classi diverse di soldato con ruoli diversi e diversi compiti e potendo utilizzare mezzi come arei, elicotteri, carri armati e jeep.
Questo in teoria, almeno. Di fatti, se una squadra si muove con una buona coordinazione e i ruoli sono ben distribuiti tra i giocatori, le probabilità di vincere sicuramente aumentano. Per altro anche i singoli giocatori vengono premiati se si comportanto in maniera coordinata con i compagni di squadra, perché quando si catturano bandiere (i punti di controllo di cui dicevo sopra) o si aiutano gli altri giocatori, si fanno punti. Diverse volte mi è capitato di essere stato il miglior giocatore della partita, pur avendo ucciso pochi nemici.
Quindi, in questo senso si avvicina abbastanza ad un simulatore di guerra, perché lo scontro tra i giocatori non è incentivato all'estremo, seppur uccidendo avversari ovviamente si fanno punti e si aumenta di livello, ma lo scopo principale è quello di controllare un territorio.
Poi ovviamente la priorità in una sfida può cambiare dalla modalità che si sta giocando.
Le peculiarità di Battlefield rispetto, per esempio, a Call of Duty o ad altri FPS "tipo Arena", sono le mappe di gioco molto grandi, la possibilità di utilizzare i mezzi, la distruttività dell'ambiente circostante, creando così nuovi passaggi e nascondigli o facendo crollare strutture addosse agli avversari e, cosa che ancora non ho nominato, l'introduzione di una variabile in più per il giocatore: la balistica. I proiettili, proprio come nella realtà, hanno un certo tempo di percorrenza per coprire una certa distanza che va calcolato. Così come all'umentare della distanza il proiettile inizierà a subire la forza di gravità esaurendo la spinta e quindi a scendere verso terra, e anche questo aspetto va tenuto in considerazione.
Per esempio, se io sono un cecchino e voglio sparare ad un nemico in distanza e che si sta muovendo, per colpirlo dovrò calcolare di quanto dovrò spostare la mira più in alto e più in avanti rispetto al bersaglio. Inoltre ogni arma ha caratteristiche diverse, per cui evidenzierà balistiche diverse. Bisogna a mio avviso avere mira nel senso più realistico della parola. Realistico se comparato ad un videogames, ovviamente

Le modalilità pincipali di gioco (ce ne sono altre, ma francamente mi sembrano più secondarie rispetto a queste):
Conquista
Come dicevo sopra, in conquista due squadre avversarie si sfidano per il controllo di un territorio. Si inizia "nascendo" ai capi opposti della mappa, nel proprio schieramento di appartenenza. In Battlefield 3 gli schieramenti sono sempre USA vs Russia. L'obiettivo di entrambe le squadre è quello di conquistare le bandiere (i punti di controllo), che in genere sono 4 o 5, occupandole e difendendole dagli assalti degli avversari.
Le due squadre cominciano la partita con un "monte punti" (tickets) uguale che andrà a scendere man mano che gli avversari conquistano bandiere: se gli avversari non controllano nessuna bandiera i punti non scendono, se ne controllano una scendono piano, se ne controllano molte scendono velocemente. Perde la squadra che per prima esurisce tutto il monte punti a disposizione.
E' una modalità di gioco piuttosto lunga, che può durare anche 1 ora o più se le due squadre si equivalgono in abilità.

Corsa
In questa modalità, le due squadre non ricoprono lo stesso ruolo, come in conquista, ma si dividono in squadra attaccante e squadra difensore. Non ci saranno bandiere da catturare ma 3 bombe pre piazzate da innescare e far esplodere dagli attaccanti e viceversa difendere e disinnescare da parte dei difensori. Gli attaccanti hanno un monte punti che scende man mano che il tempo passa; vincono gli attaccanti se riescono a far esplodere tutti e tre gli obiettivi prima di avere esaurito i punti o vincono i difensori se riescono a difendere gli obiettivi finché gli attaccanti non hanno esaurito tutti i punti a disposizione.

Death Match a Squadre
Due squadre si fronteggiano su una mappa grande quanto quelle della modalità conquista, ma l'obiettivo non sarà più quello di conquistare il territorio, quanto di uccidere il numero prefissato di nemici prima della squadra avversaria. Anche in questa modalità sono disponibili i mezzi.

Death Match a Fazioni
Come nella modalità precedente, anche in questa lo scopo principale è quello di uccidere il numero prefissato di nemici prima della squadra avversaria, ma con la differenza che non sono più disponibili i mezzi e che il combattimento si svolge su una mappa sensibilmente più piccola.
In verità le mappe sono sempre le stesse, ma lo spazio in cui si confrontano i giocatori è stato ritagliato e ristretto ad un'area circoscritta della mappa.
Questa è la modalità che più si avvicina agli FPS in stile Call of Duty. Gli spazi ristretti aumentano le occasioni di contatto tra i giocatori e la frenesia di gioco. Più che la strategia, contano buoni riflessi, il saper usare le diverse armi e un'ottima connessione. Questo perché se la connessione non è buona, a parte laggare e quindi trovarsi a mirare dove già l'avversario non c'è più, alcune delle nostre premute di grilletto sul pad non verranno tradotte in colpi effettivi dell'arma nel gioco. Quindi ci potremmo trovare o ad effettuare lo sparo vero e proprio nel gioco in ritardo rispetto alla pigiata del tasto oppure a non vedere nemmeno partire i colpi dalla nostra arma. In una modalità dove in genere il primo che inizia a sparare è quello che vince il duello, proprio per via degli spazi stretti e della frenesia di gioco, si capisce bene che se i nostri colpi vengono tradotti con ritardo di anche solo 1/4 di secondo siamo quasi sempre belli che fottuti. In teoria questo effetto è mitigato dal fatto che Electronics Arts ha server fisici dedicati alle partite on line, ma le connessioni italiane sono così scandalose che purtroppo in determinati momenti della giornata, quando le celle sono inflazionate, è praticamente impossibile giocare decentemente. Ma non è un problema solo di Battlefield eh, è un problema dell'80% dei giocatori italiani con qualunque gioco che abbia un comparto on line multiplayer.

Classi giocatore:
Come dicevo, esistono diversi ruoli che si possono impersonificare durante una partita:
Assalto
E' il medico. Oltre ad avere, come tutti gli altri, a disposizione un'arma principale (fucile d'assalto) e una secondaria da fianco (pistola), avrà anche a disposizione i kit medici da lanciare ai compagni di gioco feriti e i defibrillatori per rianimare i compagni caduti (entro un limite di tempo). Rianimare un compagno caduto con il defibrillatore darà gli stessi punti di una kill, perché per rianimare bisogna esporsi in una zona dove gli avversari stanno probabilmente già sparando.

Geniere
E' il ruolo che in molti prediligono. A parte un'arma principale, in genere una carabina, tra cui lo SCAR-H, forse il fucile a ripetizione più forte del gioco se lo si sa usare, come secondaria ha una pistola ma porta anche sempre un lanciarazzi da spalla: RPG o SMAW, cioé il classico bazooka, che lascia proiettili dal forte impatto ma che non sono teleguidabili; lo Stinger o Igla che, una volta agganciato il bersaglio, lancia proiettili a ricerca termica che vanno quasi sempre a bersaglio, ma che infliggono la metà del danno di un RPG e che possono essere lanciati solo verso aerei ed elicotteri, proprio perché i proiettili seguiranno il calore emesso dai motori; infine il Javelin, un bazookone molto potente che è però in grado di agganciare come bersaglio solo i mezzi terrestri. Può in verità sparare verso elicotteri ed aerei, ma solo se sono precedentemente stati segnalati da un cecchino tramite il Soflam che ha a disposizione, a scelta, nell'equipaggiamento (dopo, parlando del cecchino, vedremo cos'è).
Inoltre il geniere può disporre di un mezzo riparatore (tipo un saldatore), che può riparare i mezzi danneggiati o danneggiare i mezzi avversari oppure una specie di robottino teleguidato che sarà in grado di riparare e danneggiare i veicoli come il mezzo riparatore, ma guidato a distanza, e di mine anticarro da posizionare in punti strategici della mappa che se ben disposte saranno delle vere e proprie rotture di balle per i mezzi avversari.

Supporto
Ruolo che non scelgono in tanti, anche se dispone di armi principali dal calibro notevole e dai caricatori pressoché infiniti (mitragliatrici leggere), più la classica pistola da fianco. Tuttavia durante le fasi frenetiche di gioco un mitraglione da 200 colpi se da una parte può sembrare rassicurante per la mole di munizioni che porta, dall'altro si rivelerà inevitabilmente ingombrante e poco agile da utilizzare. Ma è innegabile chi ci si impratichisce fa vere e proprie stragi anche nei death match a fazioni, perché può sfruttare i tempi morti necessari agli avversari per ricaricare la proprio arma. Chi non ha mai odiato il classico portatore di PKP Pecheneg giocando a death match a fazioni su Canali di Noshar? Tuttavia il problema si pone quando sarà il nostro personaggio a dover ricaricare, perché le mitragliatrici leggere hanno un tempo di ricarica (posizionare il caricatore, estrarre il nastro munizioni, aggacciarlo nell'alloggiatura apposita e chiudere lo sportellino ferma munizioni) moooolto lungo.
Tra le dotazioni secondarie, ha a disposizione i kit di rifornimento munizioni da lanciare ai compagni + a scelta o il C4 o la mina ad inciampo Claymore o il mortaio o, infine, la balestra.

Cecchino o Scout
Croce e delizia di tanti giocatori. Il cecchino è la classe più di difficile da utilizzare (sempre che non si stia camperati su un traliccio a sparare in distanza agli avversari per tutta la partita, cosa comunque a mio avviso ammisibilissima, perché, nella realtà, quello fanno i cecchini). E' la più difficile perché è l'unica classe che non dispone di un'arma principale che spara a raffica (a meno di utilizzare furbescamente quella da difesa personale). Inoltre tutti i fucili da cecchino non uccidono quasi mai con un colpo solo, a meno di prendere l'avversario in testa o nella parte superiore del busto o che questi sia già stato ferito. Quindi l'abilità sarà quella di riuscire a colpire da subito l'avversario proprio in testa e assicuro che non è facile per un cazzo, specialmente nelle brevi distanze in cui il tempo per mirare è assai poco. Ma anche sparare in lunga distanza non è un affare di poco conto, perché per prendere dimestichezza con la balistica dell'arma ci vuole tempo, anche per prendere l'occhio su quale tacca del mirino tenere a riferimento a seconda della distanza dal bersaglio. La cosa è così poco banale che quando si effettua un headshot, oltre ai 100 punti classici per l'uccisione del nemico, al colpo alla testa andato a buon segno verrano aggiunti 10 punti di bonus per la precisione + tanti punti quanti sono i metri di distanza coperti dal tiro. Quindi, se colpiamo alla testa un nemico che sta a 1000m da noi, il punteggio dell'uccisione sarà 100 per la kill + 10 per l'headshot + 1000 come bonus tiratore scelto. Cosa succede invece se si colpisce alla testa un nemico a bruciapelo durante uno scontro ravvicinato? Beh, se il nemico è a zero metri da noi quando lo colpiamo alla testa, i punti bonus oltre alla kill saranno solo i 10 per l'headshot. Comunque si viene sempre premiati, proprio per via della difficoltà del gesto.

Oltre al fucile da cecchino (bolt action o automatico), lo scout ha a diposizione la pistola, più una serie di aggeggi: il segnalatore di rientro, che crea un punto di spawn all'interno della mappa in una zona decisa dal giocatore ed utilizzabile anche dai compagni di squadra;  il Mav, un drone teleguidato volante che serve per spottare i nemici e per disattivare i loro segnalatori di rientro; il Soflam che è una specie di scatoletta che si poggia a terra e può spottare i velivoli avversari che possono così essere colpiti dai genieri con il Javelin, bazookone che spara un proiettile a ricerca estremamente efficace; infine, il T-UGS: una piccola antennina, poco visibile agli avversari, che emette un segnale sonoro udibile da tutti gli alleati nelle vicinanze quando un nemico passa all'interno del suo raggio di detezione.

Tutte le classi sopra citate dispongono di un coltello per il corpo a corpo.

Battlefield 3 non è naturalmente esente da difetti. Il principale, e non è affare da poco, è che non è ben ottimizzato. A parte i cali di frame rate, all'interno della mappe esistono glitch grafici abbastanza grossolani che francamente sono quasi inammissibili per un titolo di questa portata. Glitch che sono diventati ormai famosi tra i giocatori, al punto da essere sfruttati durante le partite per nascondercisi dentro e poter così sparare agli avversari senza essere scorti da questi. In molti server questa pratica è punita dagli amministratori con il ban dell'utente colpevole, ma in molti di questi server i controlli non sono poi così capillari. Poi c'è la questione del Netcode, che sarebbe quel sistema che aiuta a livellare un po' le connessioni, da quella americana super veloce a quella, sigh, italiana super lenta. Ora, è vero che i miracoli non li fa nessuno e quasi tutti i giochi multiplayer online per noi italiani sono una mezza sofferenza, ma un gioco come BF3 che ha anche dei server dedicati balla comunque troppo. Per esempio, molti si lamentano del fatto che lo sparattutto più venduto del mondo, Call of Duty, manca di server dedicati, basandosi ancora sul sistema dell'host (in pratica uno dei giocatori che partecipa alla partita funge da server per tutti gli altri). Certo, non è una gran cosa, il sistema dell'host dà un sacco di grane, ma fatto sta che spesso si hanno più problemi di lag su Battlefield che su Cod. Quante volte, a me che piace usare il cecchino, succede di sparare alla testa ad un avversario prima che inizi a spararmi lui, ma io muoio e lui non subisce nemmeno un hitmarker. Io non son un fenomeno con il cecchino e spesso mi accorgo prima ancora di avere la risposta nel gioco che nella fretta ho premuto il grilletto ma non ho mirato bene, però appunto so quando ho mirato bene e quando no. Addirittura qualche volta capita che un avversario mi uccida quando nella mia visuale di gioco non ha nemmeno iniziato a mirarmi. Dove sta a quel punto la sfida di abilità tra giocatori? Se io vedo così in ritardo ciò che accade nel gioco da non visualizzare nemmeno se un avversario ha iniziato a mirarmi, come potrò mai reagire per togliermi dalla sua traiettoria e contrattaccare?
Poi, parlerei anche della troppa penalizzazione per il giocatore che viene colpito. Mi spiego. Se qualcuno ci sta sparando, già quando un proiettile ci passa vicino, pur senza colpirci (cioè quando siamo sotto soppressione), la visuale di gioco viene disturbata da un effetto appannamento che, già che si è sotto attacco, complica ancor di più la possibilità di reazione. Ma quando un nemico ci sta addirittura colpendo, la visuale inizia anche a sobbalzare eccessivamente e rispondere al fuoco diventa veramente un affare di connessione per lo più, riuscendo ad infilare qualche nostro colpo critico tra i molti suoi, penalizzando troppo le singole abilità di gioco. E' vero, se si è pronti ci si può spostare dalla traiettoria, ma tenendo sempre come esempio il cecchino, se io sto già mirando e devo mettere a segno il secondo colpo per uccidere il mio avversario, se lui mi sta sparando con un fucile a ripetizione le possibilità che io lo possa colpire in tutto quello sfarfallìo sono davvero ridotte al lumicino. Per questo spesso ci si sposta dalla traiettoria e si switcha sulla pistola, che potendo sparare a ripetizione spesso ci toglie d'impaccio. Ma uccidendo l'avversario con la pistola, si perdono i punti per sbloccare gli altri accessori del fucile principale o per sbloccare un'arma bonus durante le assegnazioni (tipo L96 per esempio, che tra parentresi io non ho ancora sbloccato perché non ho nessuno con cui fare le missioni co-op).
Insomma, i difetti non mancano, ma il gioco è così divertente e il concetto di fondo è così valido che ci si può comunque passare sopra, dopo tutto. Certo con tutte le patch che hanno rilasciato da quando Battlefield 3 è uscito (2011), un po' stupisce che certi errori grossolani di grafica non siano riusciti a sistemarli, ma d'altronde capisco che un gioco del genere deve gestire una mole di elementi impressionante tra tutte le armi esistenti e le loro diverse caratteristiche che mutano a seconda degli accessori, i mezzi, i molti giocatori, la distruttività dell'ambiente, ecc... Si spera, tuttavia, che nel "futuro" Battlefield 5 siano un po' più attenti a certi dettagli che poi tanto dettagli non sono, perché anche con l'uscita del 4 i problemi per i giocatori non sono mancati.
E visto che ho parlato molto del cecchino, proprio perché è la classe che preferisco, termino il post con due video. Uno in cui il cecchino fa il vero cecchino, ovvero appostato in distanza sfruttando le affinate abilità di mira e di balistica, e uno in cui il giocatore impersonifica il cosiddetto agressive recon, un modo spettacolare e assai difficile di interpretare questa classe, che conta sui riflessi rapidi e una mira altrettanto rapida ed intuitiva. Secondo me è molto azzeccata la frase detta da uno youtuber molto seguito e vero asso ad interpretare la classe del cecchino in questo modo aggressivo, che affermava che mentre per tutti gli altri giocatori il livello di vita massimo è il 100%, un aggressive recon può ambire, se ha i riflessi pronti, a non più di un 60-70%. Perché gli avversari che usano armi automatiche sono così avvantaggiati che qualche colpo ci arriva sempre addosso.

 

 

giovedì 20 novembre 2014

Un'infarinata di funzioni cognitive -parte 1-

In questi ultimi tempi, mi sono ritrovato per necessità a dover un po' rispolverare le mie vecchie conoscenze universitarie.
Io sono laureato in Neuropsicologia e, dopo la Laurea, ho partecipato ad uno studio poi pubblicato sulla rivista scientifica Stroke riguardante la riabilitazione di un disturbo cognitivo chiamato Eminegligenza Spaziale Unilaterale, o per gli amici Neglect (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19246708).
Senza entrare nello specifico di questo disturbo che è anche un po' complicato sia da spiegare che da comprendere, se non si ha dimestichezza con almeno le basi della Neuropsicologia e della Psicologia dei Processi Cognitivi (e non è certo mio intento tenere una lezione via blog), avrei semplicemente piacere di far conoscere in maniera assolutamente generica e divulgativa questa branca del sapere umano, perché ritengo che apprendere un po' come funziona quella roba molliccia che sta in mezzo alle ossa della nostra testa potrebbe essere una buona cosa anche per un lettore medio. O quantomeno affascinante. Chiariamo: non intendo creare una specie di vademecum per l'autodiagnosi, né trattare gli argomenti in maniera approfondita e rigorosa come fosse una lezione all'università. Lo ripeto: è solo divulgazione, quindi non adoperate alcuno di questi post né per verificare il vostro buon funzionamento cognitivo, né tantomeno per valutare quello degli altri. Quello che andrò a proporre è solo un'infarinatura e non è assolutamente sufficiente a fare niente che non sia acculturarsi un po' rispetto a cose che non si conoscevano. Un po' come guardare una puntata de La Storia dell'Universo su Focus Tv. Non è che dopo aver visto la puntata siete diventati improvvisamente astronomi.

Occhei, stabilito questo, partiamo dalle basi: che cos'è la Psicologia Cognitiva?
La Psicologia Cognitiva è quella branca della psicologia che studia il funzionamento dei processi cognitivi (linguaggio, memoria, attenzione, ecc..) attraverso lo studio dei soggetti sani quando si cimentano in test specifici che valutano i parametri delle varie funzioni sia prese singolarmente che nelle loro interazioni. Per esempio, se la maggior parte di un certo numero di soggetti presi a campione a cui viene chiesto di memorizzare una sequenza numerica casuale è in grado di ricordare in media n elementi di quella sequenza, allora posso concludere che la capacità media di un soggetto sano di ricordare una sequenza vista solo una volta è di n elementi. Troppo oscuro? Riprovo... prendiamo 100 persone. Ad ognuna di queste 100 persone leggo una sequenza casuale di numeri e poi chiedo loro di ripeterla subito. Per ogni soggetto inizio con una sequenza di 2 elementi, poi di 3, poi di 4, poi di 5, poi di 6, ecc... e mi fermo quando il soggetto non riesce più a ricordare correttamente tutti gli elementi di una sequenza, e dico, per esempio: il soggetto X ricorda correttamente sequenze fino a 6 elementi. Poi proseguo nello stesso modo con gli altri soggetti e alla fine scopro che: il soggetto Y arriva a 7, il soggetto Z a 5, il soggetto Q a 9, ecc... Ricavate le misure per tutti i soggetti faccio la media e dico che la capacità media dei soggetti di memorizzare una sequenza di items numerici nel breve termine è pari al valore medio che ho misurato nel mio esperimento (con un margine di tolleranza di circa due elementi in cui si rientra comunque nella normalità). Naturalmente non è così semplice, la procedura è molto più complessa perché bisogna tenere in considerazione molti fattori, ma come dicevo è solo per fare un esempio.
Al che uno potrebbe dire: beh, si, embé? A che serve scoprire che un soggetto sano riesce a ricordare circa tra i 5 e i 9 elementi di una sequenza numerica? Serve, serve eccome. Perché mi da un parametro di confronto. Mi da il termine di paragone del funzionamento normale di quella funzione cognitiva, che quindi mi servirà per verificare se a seguito di un danno quella funzione è preservata o no. Semplifico: se so che il range mnemonico normale è tra i 5 e i 9 elementi di una sequenza, posso dire che se un paziente ne ricorda solo 4 o addirittura meno, la sua capacità di memoria a breve termine si pone al di sotto della normalità e quindi li ci sarà probabilmente qualcosa che non funziona più tanto bene che vale la pena indagare più approfonditamente.
Lo stesso metodo si applica per tutte le altre funzioni cognitive, utilizzando sempre un approccio scientifico che rende i risultati delle misurazioni affidabili, perché statisticamente validi, metodologicamente probanti e soprattutto replicabili.

Detto della Psicologia Cognitiva, cos'è invece la Neuropsicologia?
La Neuropsicologia così come la Psicologia Cognitiva si prefigge di studiare il funzionamento dei processi cognitivi e delle strutture neuronali che li sottendono. Ma anziché misurarli nei soggetti sani, ne osserva i malfunzionamenti nei soggetti colpiti da danno cerebrale. I Neuropsicologi sono quindi degli scienziati pazzi, senza cuore e compassione, che approfittano delle disgrazie altrui per portare avanti le loro speculazioni? Certo che no. Non tutti almeno... :-D.
Semplicemente, questa metodologia d'indagine permette di concludere che, se io osservo che pazienti che hanno subito un danno alla stessa area cerebrale mostrano tutti la perdita della stessa funzione, significa che quell'area con un'altissima probabilità sottenderà proprio a quella funzione. E grazie ar caz.... verrebbe da dire, no? Beh, no. Cioé, un po' si. Ma la conlcusione, se può sembrare banale da un punto di vista sillogistico, non lo è per niente per le implicazioni pratiche che porta con se e le prospettive di intervento che apre.
Perché attraverso queste osservazioni posso mappare il cervello in zone e circuiti, ognuno dei quali so fare capo a una determinata funzione cognitiva e il tutto con una precisione affidabile. Per cui posso arrivare a dire, con una certa precisione, che una determinata funzione viene svolta dalle strutture presenti proprio in quell'area, tanto che tutte le volte che queste strutture vengono danneggiate verrà sistematicamente compromessa sempre quella funzione. E questo è un grande vantaggio, anche in termini riabilitativi. Perché se so che per una determinata funzione partecipano zone diverse che sottendono ad aspetti diversi della stessa, qualora una di queste aree venga lesa potrò provare a sfruttare le altre per vicariare almeno in parte il ruolo che veniva svolto da quella ormai danneggiata.
E qui, si apre il secondo ed altrettanto importante capitolo della Neurospicologia: la riabilitazione. La Neuropsicologia si occupa infatti non solo di studiare quali funzioni si perdono in seguito a determinati danni strutturali, ma di sperimentare metodi per riabilitare in toto o in parte le funzioni perse in seguito a danno cerebrale e lo fa basandosi su due principi: la capacità di vicarimento da parte delle aree circostanti ed interconnesse a quella danneggiata e la plasticità cerebrale. Sono due concetti sensibilmente diversi ma funzionalmente adiacenti. Nel prossimo post dedicato a questi argomenti tenterò di spiegare a cosa fanno riferimento.

mercoledì 19 novembre 2014

Videogames - Perché a crescere si fa sempre in tempo

No, battute a parte.
E' un luogo comune, come ce ne sono tanti su tante altre tematiche. E' un luogo comune che francamente fino a qualche anno fa professavo anche io.
I videogiochi sono dedicati ad un pubblico giovane o addirittura giovanissimo: è questo il luogo comune. E non è che non sia vero del tutto. Sicuramente una mole significativa di videogiochi è dedicata a quel tipo di intrattenimento assolutamente spensierato e disimpegnato che in genere è fruito dalle categorie più giovani di "consumatori" di questi prodotti. Ma anche questo genere di giochi conquista sempre più spesso una fetta di pubblico più adulto, perché a tutti può andar bene passare quella mezzoretta a cazzeggiare per staccare un po' la spina. E mi ci metto tranquillamente anche io tra questi.
Ora, l'altro luogo comune è che i videogiochi siano un passatempo poco sano o addirittura deleterio. E anche questa considerazione non è del tutto falsa: stare tutti i pomeriggi col culo sul divano a giocare alla Play non è sano, c'è poco da fare. Ma come per tutte le cose, anche i videogames se utilizzati nella giusta misura sono una forma di intrattenimento come qualsiasi altra. Un intrattenimento che non è intrinsecamente "sbagliato", bisogna non abusarne.
Un adulto allora sarà probabilmente più in grado di limitarsi, ma per un adolescente ci vuole un regola stabilita. Tipo un'ora e mezza al massimo due al giorno, dopodiché si spegne e si fa altro. Stabilità la regola, se rispettata, nessun videogioco fa male, anche se, ovviamente, bisogna rispettare le indicazioni relative all'età consigliata: il così detto PEGI (Pan European Games Information).
Per esempio, in questi anni s'è fatto un gran parlare di GTA (Grand Theft Auto) sviluppato da RockStar Games. Io ho giocato e finito l'ultimo capitolo uscito, GTA V e con tutta sincerità devo dire che è un titolo straordinario (titolo che per altro ha battuto moltissimi record di vendite). Immaginate un mix di Tarantino e Spike Lee trasportato in un videogioco. Ironico, macabro, intelligente, con una trama davvero ben fatta e dialoghi migliori di buona parte dei film che escono periodicamente al cinema. E non parlo solo di cinepanettoni, eh.
Inoltre, è un'opera di ingegneria informatica straordinaria. Sfruttando al massimo le ormai limitate possibilità delle console di vecchia generazione (PS3 e XBOX 360) sono riusciti a partorire un titolo che riesce a gestire una mappa enorme (immaginate che per andare da un capo all'altro di tale mappa, circumnavigandola in macchina, vi vogliono quasi 10 minuti), tantissimi personaggi, eventi casuali, veicoli diversi con caratteristiche diverse e diverse personalizzazioni, missioni principali e secondarie, giochi all'interno del gioco (tennis, golf, freccette, triathlon, gare di auto, gare in MTB, gare in motoscafo e acquascooter, paracadutismo, caccia, scuola di volo, cinema in cui potersi sedere e guardare cortometraggi di circa 15 min tra i quali almeno un paio a mio avviso davvero notevoli, ecc..) e in più la AI della polizia, efficiente come mai negli altri capitoli. C'è poco da fare, è un gran prodotto. Ma come un film di Tarantino o di Spike Lee, è un tipo di intrattenimento dedicato ad un pubblico adulto e sulla confezione c'è ben scritto. Se un bimbo di 10 anni vedesse Le Iene o La 25° Ora si troverebbe davanti ad uno spettacolo certamente non adatto alla sua età, ma mica Tarantino o Spike Lee hanno colpe. Loro fanno i loro film, le istituzioni dedicate a farlo decidono a quali età consentirne la visione e bòna. Così è per i video giochi. Se un genitore permette la visione di un determinato film adatto ad un pubblico adulto a suo figlio, la colpa non è di chi ha fatto il film... o no? Se un genitore compra GTA V al figlio dodicenne, quando sulla confezione c'è scritto PEGI 18, la colpa è di chi ha fatto il gioco? Ci sono tantissimi titoli che possono essere giocati dai ragazzini senza pericolo, i giochi esclusivamente dedicati agli adulti non sono tantissimi, basta evitare quelli.
Ma torniamo all'argomento principale: la qualità che l'intrattenimento videoludico può offrire.
Come dicevo, secondo me bisogna fare due grandi distinguo: i giochi tanto per passare il tempo e i giochi "impegnati", con una trama complicata, che richiedono l'uso di buone doti strategiche e di tempo e impegno per scioglierne i nodi.

Nel primo gruppo ci farei rientrare tutti i giochi dedicati allo sport, gli FPS (First Person Shooter - sparatutto in prima persona, tipo Battlefield e Call Of Duty) tanto in voga in questi anni e buona parte dei simulatori, ma anche tanti giochi platform (Super Mario, Sonic, ecc...), gli arcade, i manageriali e gli strategici. Giochi che hanno un tempo base per partita di circa 10-15/30 minuti eventualmente replicabili decidendo di giocare un'altra partita, tenendo presente che ogni partita seguente non è direttamente influenzata o conseguente dalla precedente. Insomma, non c'è un vero e proprio filone principale da seguire o se c'è è molto spezzettato e adatto ad essere consumato in piccole parti (i cosiddetti "livelli"). In questi giochi, insomma, ogni partita fa un po' storia a sé.

Nel secondo gruppo, invece, ci farei rientrare quei giochi che sono impiantati su di una trama principale e che si sviluppano conseguentemente allo svolgersi della trama stessa. Così come in un film, la concatenazione degli episodi deve essere rispettata affinché la storia possa proseguire e quindi ogni partita sarà propedeutica alla precendente. Inoltre molto spesso questi giochi sono infarciti di enigmi, prove di intelligenza e di destrezza, che il giocatore deve risolvere per poter accedere ad un altro capitolo della trama o per poter usufuire di bonus nascosti nelle mappe. Tra le saghe più interessanti da quest'ultimo punto di vista, a mio avviso, senza andare troppo indietro negli anni, ci metterei quella di God Of War con il "buon" Kratos, i primi 3 Silent hill o il meraviglioso The Secret of Monkey Island (ma qui, in effetti, sono forse andato proprio indietro negli anni).

Poi ci sono giochi che stanno un po' nel mezzo tra i due gruppi, tipo appunto GTA, che in virtù della sua programmazione atta ad offrire al giocatore un'esperienza di gioco il più possibile universale, può essere giocato sia come un gioco del primo gruppo (decidendo di prender parte ad una gara di auto o di fare una partita a tennis o di andare a caccia, ecc...) oppure come un gioco del secondo gruppo, essendo dotato di una trama principale che si sviluppa procedendo di capitolo in capitolo.

Intendiamoci bene, basta leggere il nome che ho deciso di dare a questo blog per capire quanto sia importante per me il vivere il mondo nella sua dimensione più vera, ovvero quella meno inquinata dalla modernità, di cui i videogames sono sicuramente figli. Ma, pur non essendo io un videogiocatore accanito e pur auspicando di poter vivere un giorno in una dimensione il più possibile a contatto con la Natura, per principio mi sento di difendere almeno un po' questo tipo di prodotto, anche perché comunque posso dire di conoscerlo.
Non perché esso ricopra un aspetto fondamentale delle esigenze umane, non perché sia intriso si chissaquali virtù, ma semplicemente perché in questi anni è diventato un po' il capro espiatoio della furbizia di tanti gruppi di potere morale per deviare l'attenzione degli ignoranti da problemi molto più importanti, che sono i veri guai della nostra società. Razzismo, pregiudizio, ignoranza e soprattutto paura, sono le armi per il sensazionalismo che tanto audiens fa in TV.
Francamente ci sono viodegiochi che sono opere, ripeto: non fondamentali o d'arte, che sono comunque degne di nota e rispetto al pari di tanti ottimi film.
Faccio un esempio? Senza scomodare Hideo Kojima, leggendario programmatore e sviluppatore nipponico, autore di alcuni tra i titoli più premiati ed apprezzati di sempre, quelli della saga di Metal Gear, nel 2013 uscì in esclusiva per PlayStation 3 The Last Of Us della Naughty Dog. Ufficialmente un survival horror ambientato in un mondo post apocalittico. E fin qui si potrebbe dire "E vabbé, sai che novità". In realtà un'esperienza di gioco tra le più complesse e profonde che mi sia mai capitato di vedere.
Oltre all'aspetto tecnico e di programmazione, davvero ottimo, il giocatore viene immerso da subito in una trama coinvolgente, che gli chiede in molti passaggi di prendere decisioni complesse, che può attuare solo facendo leva sulla propria etica e morale, che lo faranno emozionare, addolorare, gioire, proprio come in un ottimo film e che poi influiranno sul prosieguo della storia, proprio come fosse lui stesso un personaggio del gioco. Niente immedesimazioni patologiche, sia chiaro, i personaggi hanno una loro personalità definita che non dipende da quella del giocatore, che quindi non si potrà identificare con essi, ma la caratterizzazione degli stessi è così profonda che sarà impossibile non provare empatia per le loro traversie.Proprio come in un ottimo film, lo ripeto.
E perché l'esempio possa risultare comprensibile e verificabile, posto il primo capitolo dell'intero gameplay della storia, tra l'altro effetuato da uno degli Youtuber gamers che più mi fan ridere, il che aiuta un po' a stemperare la tensione. Io il gioco nemmeno ce l'ho, ma quando all'epoca guardai su youtube il primo episodio mi prese tanto come stessi vedendo, lo ripeto ancora, un film appassionante. Tanto che poi ho finito per guardare tutto il walk trought fino all'ultimo episodio. Vediamo se a qualcun altro fa lo stesso effetto.