mercoledì 19 novembre 2014

Videogames - Perché a crescere si fa sempre in tempo

No, battute a parte.
E' un luogo comune, come ce ne sono tanti su tante altre tematiche. E' un luogo comune che francamente fino a qualche anno fa professavo anche io.
I videogiochi sono dedicati ad un pubblico giovane o addirittura giovanissimo: è questo il luogo comune. E non è che non sia vero del tutto. Sicuramente una mole significativa di videogiochi è dedicata a quel tipo di intrattenimento assolutamente spensierato e disimpegnato che in genere è fruito dalle categorie più giovani di "consumatori" di questi prodotti. Ma anche questo genere di giochi conquista sempre più spesso una fetta di pubblico più adulto, perché a tutti può andar bene passare quella mezzoretta a cazzeggiare per staccare un po' la spina. E mi ci metto tranquillamente anche io tra questi.
Ora, l'altro luogo comune è che i videogiochi siano un passatempo poco sano o addirittura deleterio. E anche questa considerazione non è del tutto falsa: stare tutti i pomeriggi col culo sul divano a giocare alla Play non è sano, c'è poco da fare. Ma come per tutte le cose, anche i videogames se utilizzati nella giusta misura sono una forma di intrattenimento come qualsiasi altra. Un intrattenimento che non è intrinsecamente "sbagliato", bisogna non abusarne.
Un adulto allora sarà probabilmente più in grado di limitarsi, ma per un adolescente ci vuole un regola stabilita. Tipo un'ora e mezza al massimo due al giorno, dopodiché si spegne e si fa altro. Stabilità la regola, se rispettata, nessun videogioco fa male, anche se, ovviamente, bisogna rispettare le indicazioni relative all'età consigliata: il così detto PEGI (Pan European Games Information).
Per esempio, in questi anni s'è fatto un gran parlare di GTA (Grand Theft Auto) sviluppato da RockStar Games. Io ho giocato e finito l'ultimo capitolo uscito, GTA V e con tutta sincerità devo dire che è un titolo straordinario (titolo che per altro ha battuto moltissimi record di vendite). Immaginate un mix di Tarantino e Spike Lee trasportato in un videogioco. Ironico, macabro, intelligente, con una trama davvero ben fatta e dialoghi migliori di buona parte dei film che escono periodicamente al cinema. E non parlo solo di cinepanettoni, eh.
Inoltre, è un'opera di ingegneria informatica straordinaria. Sfruttando al massimo le ormai limitate possibilità delle console di vecchia generazione (PS3 e XBOX 360) sono riusciti a partorire un titolo che riesce a gestire una mappa enorme (immaginate che per andare da un capo all'altro di tale mappa, circumnavigandola in macchina, vi vogliono quasi 10 minuti), tantissimi personaggi, eventi casuali, veicoli diversi con caratteristiche diverse e diverse personalizzazioni, missioni principali e secondarie, giochi all'interno del gioco (tennis, golf, freccette, triathlon, gare di auto, gare in MTB, gare in motoscafo e acquascooter, paracadutismo, caccia, scuola di volo, cinema in cui potersi sedere e guardare cortometraggi di circa 15 min tra i quali almeno un paio a mio avviso davvero notevoli, ecc..) e in più la AI della polizia, efficiente come mai negli altri capitoli. C'è poco da fare, è un gran prodotto. Ma come un film di Tarantino o di Spike Lee, è un tipo di intrattenimento dedicato ad un pubblico adulto e sulla confezione c'è ben scritto. Se un bimbo di 10 anni vedesse Le Iene o La 25° Ora si troverebbe davanti ad uno spettacolo certamente non adatto alla sua età, ma mica Tarantino o Spike Lee hanno colpe. Loro fanno i loro film, le istituzioni dedicate a farlo decidono a quali età consentirne la visione e bòna. Così è per i video giochi. Se un genitore permette la visione di un determinato film adatto ad un pubblico adulto a suo figlio, la colpa non è di chi ha fatto il film... o no? Se un genitore compra GTA V al figlio dodicenne, quando sulla confezione c'è scritto PEGI 18, la colpa è di chi ha fatto il gioco? Ci sono tantissimi titoli che possono essere giocati dai ragazzini senza pericolo, i giochi esclusivamente dedicati agli adulti non sono tantissimi, basta evitare quelli.
Ma torniamo all'argomento principale: la qualità che l'intrattenimento videoludico può offrire.
Come dicevo, secondo me bisogna fare due grandi distinguo: i giochi tanto per passare il tempo e i giochi "impegnati", con una trama complicata, che richiedono l'uso di buone doti strategiche e di tempo e impegno per scioglierne i nodi.

Nel primo gruppo ci farei rientrare tutti i giochi dedicati allo sport, gli FPS (First Person Shooter - sparatutto in prima persona, tipo Battlefield e Call Of Duty) tanto in voga in questi anni e buona parte dei simulatori, ma anche tanti giochi platform (Super Mario, Sonic, ecc...), gli arcade, i manageriali e gli strategici. Giochi che hanno un tempo base per partita di circa 10-15/30 minuti eventualmente replicabili decidendo di giocare un'altra partita, tenendo presente che ogni partita seguente non è direttamente influenzata o conseguente dalla precedente. Insomma, non c'è un vero e proprio filone principale da seguire o se c'è è molto spezzettato e adatto ad essere consumato in piccole parti (i cosiddetti "livelli"). In questi giochi, insomma, ogni partita fa un po' storia a sé.

Nel secondo gruppo, invece, ci farei rientrare quei giochi che sono impiantati su di una trama principale e che si sviluppano conseguentemente allo svolgersi della trama stessa. Così come in un film, la concatenazione degli episodi deve essere rispettata affinché la storia possa proseguire e quindi ogni partita sarà propedeutica alla precendente. Inoltre molto spesso questi giochi sono infarciti di enigmi, prove di intelligenza e di destrezza, che il giocatore deve risolvere per poter accedere ad un altro capitolo della trama o per poter usufuire di bonus nascosti nelle mappe. Tra le saghe più interessanti da quest'ultimo punto di vista, a mio avviso, senza andare troppo indietro negli anni, ci metterei quella di God Of War con il "buon" Kratos, i primi 3 Silent hill o il meraviglioso The Secret of Monkey Island (ma qui, in effetti, sono forse andato proprio indietro negli anni).

Poi ci sono giochi che stanno un po' nel mezzo tra i due gruppi, tipo appunto GTA, che in virtù della sua programmazione atta ad offrire al giocatore un'esperienza di gioco il più possibile universale, può essere giocato sia come un gioco del primo gruppo (decidendo di prender parte ad una gara di auto o di fare una partita a tennis o di andare a caccia, ecc...) oppure come un gioco del secondo gruppo, essendo dotato di una trama principale che si sviluppa procedendo di capitolo in capitolo.

Intendiamoci bene, basta leggere il nome che ho deciso di dare a questo blog per capire quanto sia importante per me il vivere il mondo nella sua dimensione più vera, ovvero quella meno inquinata dalla modernità, di cui i videogames sono sicuramente figli. Ma, pur non essendo io un videogiocatore accanito e pur auspicando di poter vivere un giorno in una dimensione il più possibile a contatto con la Natura, per principio mi sento di difendere almeno un po' questo tipo di prodotto, anche perché comunque posso dire di conoscerlo.
Non perché esso ricopra un aspetto fondamentale delle esigenze umane, non perché sia intriso si chissaquali virtù, ma semplicemente perché in questi anni è diventato un po' il capro espiatoio della furbizia di tanti gruppi di potere morale per deviare l'attenzione degli ignoranti da problemi molto più importanti, che sono i veri guai della nostra società. Razzismo, pregiudizio, ignoranza e soprattutto paura, sono le armi per il sensazionalismo che tanto audiens fa in TV.
Francamente ci sono viodegiochi che sono opere, ripeto: non fondamentali o d'arte, che sono comunque degne di nota e rispetto al pari di tanti ottimi film.
Faccio un esempio? Senza scomodare Hideo Kojima, leggendario programmatore e sviluppatore nipponico, autore di alcuni tra i titoli più premiati ed apprezzati di sempre, quelli della saga di Metal Gear, nel 2013 uscì in esclusiva per PlayStation 3 The Last Of Us della Naughty Dog. Ufficialmente un survival horror ambientato in un mondo post apocalittico. E fin qui si potrebbe dire "E vabbé, sai che novità". In realtà un'esperienza di gioco tra le più complesse e profonde che mi sia mai capitato di vedere.
Oltre all'aspetto tecnico e di programmazione, davvero ottimo, il giocatore viene immerso da subito in una trama coinvolgente, che gli chiede in molti passaggi di prendere decisioni complesse, che può attuare solo facendo leva sulla propria etica e morale, che lo faranno emozionare, addolorare, gioire, proprio come in un ottimo film e che poi influiranno sul prosieguo della storia, proprio come fosse lui stesso un personaggio del gioco. Niente immedesimazioni patologiche, sia chiaro, i personaggi hanno una loro personalità definita che non dipende da quella del giocatore, che quindi non si potrà identificare con essi, ma la caratterizzazione degli stessi è così profonda che sarà impossibile non provare empatia per le loro traversie.Proprio come in un ottimo film, lo ripeto.
E perché l'esempio possa risultare comprensibile e verificabile, posto il primo capitolo dell'intero gameplay della storia, tra l'altro effetuato da uno degli Youtuber gamers che più mi fan ridere, il che aiuta un po' a stemperare la tensione. Io il gioco nemmeno ce l'ho, ma quando all'epoca guardai su youtube il primo episodio mi prese tanto come stessi vedendo, lo ripeto ancora, un film appassionante. Tanto che poi ho finito per guardare tutto il walk trought fino all'ultimo episodio. Vediamo se a qualcun altro fa lo stesso effetto.

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